Ognuno di noi può trovare il coraggio di esprimere se stesso

“Quando finalmente il passato ti ha resa libera, lascia andare. Poi torna giù e comincia il resto della tua vita. Con gioia” leggo in Mangia Prega Ama di Elizabeth Gilbert. Senza quasi che me ne accorga il mio sorriso si avvicina a quello generoso e meraviglioso di Julia Roberts nell’omonimo film. Desidero portarlo al mondo, per la lunghezza dei meridiani e la larghezza dei paralleli, fino agli equilibri dell’equatore.

Ci sono stati tempi in cui la mia espressività è rimasta sopita sotto inibizioni, pudori, aspettative o regolamenti, tempi che oramai sembrano talmente lontani da strapparmi un gustoso marameo. È sorridere che tiene i tempi di oggi vicini ed è così da qualche anno, da quando quell’impulso creativo che avevo sempre sentito dentro sin da piccola mi ha detto: «Sono qui. E adesso come la mettiamo? Ora che mi conosci mi vuoi o non mi vuoi?» «Ti voglio, eccome» ho risposto.

Merito di un viaggio? dell’amore? delle filosofie? Merito di Prometeo che ha rubato il fuoco e l’ha donato agli uomini? Forse sì. L’importante è sentirlo e lasciarlo libero di creare, qualsiasi cosa. Esprimersi non solo con le parole, ma anche mettendosi uno zaino in spalle per il viaggio in solitaria che non si è trovato il coraggio di fare, buttandosi nell’attività in cui non si è creduto di riuscire, puntando al cielo quando si è sempre e solo tenuto i piedi per terra. Vivendo noi stessi, il nostro sogno.

«Un giorno avrai uno stipendio a quattro zeri e tornerai da Londra o Parigi annunciandoci che tra una settimana ti sposi» mi disse mio padre quando ero adolescente o poco più, scherzando durante l’ora del pranzo. In realtà non scherzava poi così tanto, e non ci è andato neanche così lontano. C’è chi pensa che tutto sia già scritto nel nostro destino e chi no, forse ci sono solo delle potenzialità da cogliere.

«Nel tempo libero mi piace scrivere» dicevo anche quando non lo facevo ancora, provando poi un certo imbarazzo verso chi mi chiedesse di leggere quel qualcosa che non avevo messo nero su bianco. Certamente non era mia intenzione inventarmi chi non ero, ma adesso me ne spiego il perché. Erano i primi toc toc dell’impulso con cui non avevo ancora fatto i conti e ora che finalmente ci siamo incontrati vorrei tenerlo un po’ con me, magari nascerà una bella amicizia.

La numerologia antica definisce il karma come il nostro destino dopo i 35 anni o giù di lì. Oltre ad essere il numero civico del primo appartamento preso in affitto ai tempi dell’università e l’anniversario di matrimonio dei miei genitori, 23 è il mio karma. Lo ottengo sommando tutte le cifre che compongono la mia data di nascita. Non ne ho ancora scoperto il significato, ma so che si può ridurre a 5 che è il numero del successo e della comunicazione. Girato al contrario richiama a Versailles e al Re Sole, nel cui periodo storico sono ambientati sogni di una vita passata, ed è la frequenza di targa della mia nuova automobile.

Anche oggi ne abbiamo 23, come il mio karma. Credo che sia il giorno giusto per iniziare questa avventura, perché: “Ognuno di noi può trovare il coraggio di esprimere se stesso”.

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